Robert N. McCauley (William Rand Kenan Jr. University Professor e Director, Center for Mind, Brain, and Culture presso la Emory University), filosofo della scienza e uno dei pionieri nel campo delle scienze cognitive della religione, ha recentemente dato alle stampe un titolo di grande interesse nel panorama disciplinare attuale, intitolato Why Religion Is Natural and Science Is Not.
Il testo si può considerare come il punto d’arrivo di una lunga stagione di ricerche cominciate all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso; inoltre, presenta una sintesi argomentata che prende in considerazione le più aggiornate conoscenze delle scienze cognitive e della psicologia evoluzionistica, corredata da una bibliografia esauriente, di grande utilità per qualunque studio futuro sull’argomento.
Considerato che una discussione sui temi di questo libro si inserisce bene nel filone cognitivista inaugurato di recente su Tempi profondi, credo sia interessante cominciare una serie di interventi autoconclusivi (o, se si preferisce, un laboratorio di appunti e riflessioni per un articolo prossimo venturo), il cui obiettivo è quello di fornire alcune informazioni fondamentali sul contenuto del testo di McCauley.
È necessario sgombrare subito il campo da un possibile malinteso: nonostante i possibili equivoci in merito al titolo dell’opera, non si tratta di un testo apologetico scritto per difendere la religione e per attaccare la scienza. Tutt’altro; l’autore sistematizza gli ultimi decenni di studio cognitivista e propone un raffinato confronto tra i fondamenti cognitivi della religione e della scienza. La sintetica rappresentazione delle due posizioni fondamentali in merito al confronto tradizionale tra scienza e religione viene esposta nell’ultimo capitolo del volume. Seguendo McCauley, le due strategie tradizionali sarebbero grosso modo le seguenti:
Considerato che una discussione sui temi di questo libro si inserisce bene nel filone cognitivista inaugurato di recente su Tempi profondi, credo sia interessante cominciare una serie di interventi autoconclusivi (o, se si preferisce, un laboratorio di appunti e riflessioni per un articolo prossimo venturo), il cui obiettivo è quello di fornire alcune informazioni fondamentali sul contenuto del testo di McCauley.
È necessario sgombrare subito il campo da un possibile malinteso: nonostante i possibili equivoci in merito al titolo dell’opera, non si tratta di un testo apologetico scritto per difendere la religione e per attaccare la scienza. Tutt’altro; l’autore sistematizza gli ultimi decenni di studio cognitivista e propone un raffinato confronto tra i fondamenti cognitivi della religione e della scienza. La sintetica rappresentazione delle due posizioni fondamentali in merito al confronto tradizionale tra scienza e religione viene esposta nell’ultimo capitolo del volume. Seguendo McCauley, le due strategie tradizionali sarebbero grosso modo le seguenti:
- i sostenitori della scienza affermano e ricordano la forza epistemologica e la capacità ineguagliata, tra tutte le attività umane, di produrre e aumentare le conoscenze grazie al metodo e al processo scientifico [1];
- i sostenitori della religione criticano le presunte limitazioni e ristrettezze del punto di vista scientifico (corrette dall’«abbondanza metafisica» [2] dei contenuti religiosi), proponendo invece che il riferimento ad agenti invisibili aiuti «a dare un senso all’esperienza umana, a sostenere ciò che [tali sostenitori] ritengono siano i corretti comportamenti morali e sociali, e a incorniciare le più spaventose questioni che gli esseri umani devono affrontare, in particolare quelle riguardanti la loro mortalità» [3].
La forma forse più rappresentativa che sancisce in modo piuttosto netto il rapporto tra le due sfere di competenza di scienza e religione è, secondo l’autore, quella proposta dal paleontologo e storico della scienza Stephen Jay Gould, esposta compiutamente nel suo libro I pilastri del tempo. Sulla presunta inconciliabilità tra fede e scienza [4]. In quel testo Gould affermava che
«il magistero della scienza si estende nel regno dell’empirico per appurare di che cosa è fatto materialmente l’universo e perché in teoria funziona così [mentre il] magistero della religione si estende alla questione dei significati ultimi e dei valori morali» [5].La strategia pacificatrice di Gould, definita dei “magisteri non sovrapposti” (MNS oppure, secondo il più noto acronimo inglese, NOMA, Non-Overlapping Magisteria) è quella di eliminare alla radice ogni possibile conflittualità tra le due sfere di interesse: «questi due magisteri non si sovrappongono né coprono tutti i capi di indagine» [6], per cui ciascun magistero detta la propria legge nel proprio campo di indagine evitando l’intervento ove esso non sia del tutto pertinente e sostenendo nel contempo un rispetto reciproco [7].
Si tratta però di un punto di vista nato in un determinato contesto, ora abbastanza datato e desueto, e che fa sorgere più di un dubbio riguardo alle sue attuali attendibilità e applicabilità [8]. Innanzitutto McCauley nota che, ad esempio, per poter esprimere argomenti persuasivi riguardo alla mortalità e al significato ultimo la religione deve fare appello a contenuti esterni al proprio magistero [9]. In secondo luogo, per quanto la scienza sia un’attività incomparabilmente valida nel mondo empirico, essa è un’attività «giovane, opera con risorse limitate, è difficile da imparare, le nostre vite sono brevi e il mondo è vasto e complicato. Inoltre, la scienza è un processo senza fine», poiché mentre si continua a fare ricerca si imparano cose che non si conoscevano e cambiano anche le conclusioni alle quali si era giunti (poiché si modificano conseguentemente anche le domande) [10]. Insomma, intuitivamente restiamo sempre alla mercé dei vincoli stabiliti dai nostri sistemi cognitivi maturativamente naturali [11] (torneremo su questo punto nei prossimi post); porli sotto controllo significa modificare significativamente e con sforzi intellettuali considerevoli le nostre aspettative sul mondo. In ultima istanza, McCauley ritiene che l’offerta pacificatrice dei NOMA sia una sorta di «gioco di prestigio normativo» [12] (ovvero, un proposito ingannevole), per i seguenti motivi:
- Gould esclude il creazionismo da quella che egli considera come la rappresentanza ufficiale della religione: «I creazionisti non rappresentano il magistero della religione» [13]. Non sussistendo le basi razionali per sostenere tale assunto, McCauley ritiene che la posizione gouldiana possa essere giudicata come implicitamente teologica [14], che non prenda in considerazione il giudizio dei diretti interessati, ossia «le sensibilità religiose di centinaia di milioni di persone» in materia di credenza personale, e che «invent[i] una norma pregiudiziale dove [stando al medesimo manifesto dei NOMA. NdA] norme di tale genere non dovrebbero esistere» [15];
- il fatto che i sostenitori della religioni si rifacciano perlopiù a posizioni morali dimostra l’inconsistenza della suddivisione proposta: la teologia tenta da sempre di inseguire e dare un senso alle inclinazioni naturali (e spesso fallaci) dei nostri sistemi naturali maturativamente cognitivi, mentre la scienza si allontana continuamente e sempre di più dalle risposte automatiche dei nostri sistemi mentali che conformano la nostra visione quotidiana del mondo secondo luoghi comuni [16];
- qualunque modello di spiegazione volto a dare un senso alle cose deve stabilire un riferimento «alle origini, alla formazione e al comportamento» di quelle cose e in particolare «alle nostre origini, alla nostra formazione a al nostro comportamento»: il processo attraverso il quale la religione stabilisce il senso e il significato delle cose e dell’esistenza o del comportamento dell’uomo in particolare impiega sempre assunti esplicativi onnicomprensivi espliciti (come nel caso dei creazionisti) o impliciti [17].
Quindi, per riuscire ad accettare i NOMA secondo McCauley occorrerebbe alternativamente ignorare il ruolo della spiegazione sia scientifica sia religiosa nel processo di creazione della conoscenza e del senso delle cose, ignorare la tensione logica tra i due tipi di spiegazione, oppure ignorare entrambi i modelli esplicativi [18]. Come conclude McCauley,
«la concezione gouldiana del rapporto tra scienza e religione non rappresenta esattamente una pace raggiunta costi quel che costi, ma sembra che si possa piuttosto considerare (alla luce di questi problemi normativi), come una pace raggiunta ad un costo davvero troppo elevato» [19].
Pur tuttavia, la suddivisione di Gould rispecchia alcuni punti validi e in linea teorica plausibili:
«la scienza, dopo tutto, ha il suo interesse principale nella descrizione, spiegazione, predizione e manipolazione del mondo empirico. Le religioni manifestano un interesse ricorrente negli standard della condotta umana e nei resoconti sul significato ultimo della vita umana, basati su presupposti che riguardano agenti empiricamente inaccessibili. Ciò nonostante, tali verità lapalissiane non escludono attriti tra le due attività» [20].
Anche riformulando i NOMA gouldiani per incorniciare un argomento volto a «conclusioni in qualche modo meno ambiziose», l’esito non cambia. Consideriamo con McCauley la seguente struttura ipotetica:
«1) le scoperte della scienza riguardano il mondo empirico (disponibile intersoggettivamente); 2) pressoché tutti gli dèi vengono ritenuti empiricamente inaccessibili per la maggior parte del tempo; di conseguenza, 3) le scoperte scientifiche, così come qualunque scoperta empirica di qualunque tipo essa sia, non avranno di norma alcuna rilevanza sulle asserzioni riguardanti le divinità» [21].
Il problema di tale posizione, secondo McCauley, è che per ovviare alle evidenti limitazioni sottolineate nel secondo punto, e per sostenere in qualche modo la responsabilità delle spiegazioni proposte, i teologi e gli specialisti della religione formuleranno e descriveranno comunque e in ogni caso le loro divinità, o le azioni di queste ultime, come se fossero rilevabili empiricamente. Come annota l’autore,
«Anche nel caso in cui questi rappresentanti religiosi violino palesemente il secondo punto, essi possono sempre sostenere una qualche difesa teologica che li ponga al riparo dalla contestazione empirica» [22],
ad esempio, che i loro agenti controintuitivi e invisibili agiscono proprio per mezzo dei processi scientifici descritti scientificamente o che, essendo costoro liberi da costrizioni empiriche, tali agenti possono eludere i sistemi di ricognizione empirica [23].
Quali sono quindi le interpretazioni e le proposte di McCauley in merito a questo annoso problema? Presentiamo di seguito i punti cardinali e conclusivi della ricerca del cognitivista, anticipati dallo stesso McCauley fin dalle primissime pagine del libro per facilitare l’orientamento del lettore in un campo tanto affascinante quanto complicato, e ripresi come memorandum nelle pagine finali:
- i paragoni solitamente condotti tra scienza e religione sono basati su fondamenti errati;
- la produzione di contenuti teologicamente scorretti è inevitabile;
- la scienza in quanto tale non pone alcun pericolo per la sopravvivenza della religione;
- alcune disabilità nell’ambito cognitivo vanificano la presa cognitiva della religione;
- la scienza è un’operazione eminentemente sociale;
- la scienza dipende profondamente dal sostegno istituzionale;
- la sopravvivenza della scienza non è scontata perché le basi della sua esistenza sono fragili [24].
Nei prossimi post della serie cercherò di fornire una spiegazione sintetica di ciascun punto elencato.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Ivi, p. 226 (cit. da Stephen J. Gould, I pilastri del tempo. Sulla presunta inconciliabilità tra fede e scienza, il Saggiatore, Milano 2000, p. 13 [ed. orig. Rocks of Ages: Science and Religion in the Fullness of Life, Ballantine Books. A Division of Random House, New York 1999]. La prima formulazione delle idee espresse in questo volume è stata presentata da Gould in Non-Overlapping Magisteria, in «Natural History», 106, 3, 1997, pp. 16-22, 60-62; l’art. è stato poi inserito in Leonardo’s Mountain of Clams and the Diet of Worms, Harmony Books, New York 1998, pp. 269-284 (trad. it. I distinti magisteri di scienza e religione, in I fossili di Leonardo e il pony di Sofia, il Saggiatore, Milano 2004, pp. 273-286).
[5] Robert N. McCauley, Why Religion Is Natural and Science Is Not, cit., p. 224.
[6] Per dirla in altri termini gouldiani: «[…] la scienza stabilisce l’età delle rocce, la religione ha le sue fondamenta nella roccia dei tempi, la scienza studia com’è il cielo, la religione come andare in cielo» (da S.J. Gould, I pilastri del tempo, cit., p. 14).
[7] Si veda inoltre l’esauriente analisi offerta in Patricia H. Kelley, Stephen Jay Gould’s Winnowing Fork: Science, Religion, and Creationism, in Warren D. Allmon, P.H. Kelley e Robert M. Ross (eds.), Stephen Jay Gould: Reflections on His View of Life, Oxford University Press, Oxford-New York 2009, pp. 171-188. Secondo il progetto dei NOMA, «non dovrebbe esistere alcun conflitto inerente ai due magisteri; al contrario, il conflitto evidente ha luogo quando il principio dei NOMA viene violato da entrambe le parti, ad esempio quando gli scienziati traggono conclusioni morali dalle loro scoperte o quando i creazionisti impongono i loro dogmi sul magistero della scienza» (ivi, p. 174). L’atteggiamento di Gould nei confronti del creazionismo deriverebbe dalla presa di posizione contro l’uso scorretto e l’abuso ideologico della teoria degli equilibri punteggiati in ambito fondamentalista statunitense (cfr. ivi, p. 172). Per comprendere i NOMA anche come tassello della contrapposizione decisa di Gould nei confronti della sociobiologia wilsoniana cfr. Alessandro Ottaviani, Stephen Jay Gould, Ediesse, Roma 2012, p. 158.
[8] Cfr. Telmo Pievani, La vita inaspettata. Il fascino di un’evoluzione che non ci aveva previsto, Raffaello Cortina Editore, Milano 2011, pp. 188 e sgg.
[9] R.N. McCauley, Why Religion Is Natural and Science Is Not, cit., p. 226.
[10] Ivi, p. 227.
[11] Le principali caratteristiche della naturalità maturativa (maturational natural cognition) sono le seguenti:
- sono state acquisite nella primissima infanzia e il ricordo del loro conseguimento di norma non permane;
- non sono associate ad alcun uso di artefatti;
- non richiedono una strutturazione cosciente dell’insegnamento da impartire da parte degli adulti;
- non dipendono da particolari culturali.
[12] Ivi, p. 227.
[13] Ibidem (cit. da S.J. Gould, I pilastri del tempo, cit., p. 138). Il passaggio cit. continua nel modo seguente, dimostrando l’inapplicabilità dei NOMA in un contesto ove il creazionismo è di fatto diventato un problema pressoché globale: i creazionisti, secondo Gould, «propagandano zelantemente una particolare dottrina teologica, una visione della religione intellettualmente marginale e demograficamente minoritaria che vorrebbero imporre al mondo intero»; ivi, pp. 138-139). Su questo punto cfr. P.H. Kelley, Stephen Jay Gould’s Winnowing Fork, cit., pp. 180 e sgg. Sulla dimensione ormai globale del creazionismo cfr. Ronald L. Numbers, The Creationists: From Scientific Creationism to Intelligent Design. Expanded Edition, Harvard University Press, Cambridge-London 2006 (1a ed. 1992), in part pp. 373-431.
[14] R.N. McCauley, Why Religion Is Natural and Science Is Not, cit., p. 227.
[15] Ivi, p. 246. Sull'argomento cfr. P.H. Kelley, Stephen Jay Gould’s Winnowing Fork, cit., p. 180 e sgg.
[16] R.N. McCauley, Why Religion Is Natural and Science Is Not, cit., p. 228.
[17] Ivi, p. 229. Cfr. T. Pievani, La vita inaspettata, cit., p. 190: «La non sovrapponibilità dei due magisteri, quindi, è violata sia di fatto che di principio. L’impermeabilità delle due “competenze” sopravvive, se proprio è il caso, come un’indicazione operativa, come un suggerimento di buon senso quotidiano, valido soprattutto quando le due forme di ricerca convivono nello stesso individuo, per evitare strumentalizzazioni dell’una rispetto all’altra nel dibattito pubblico».
[18] R.N. McCauley, Why Religion Is Natural and Science Is Not, cit., p. 229.
[19] Ibidem.
[20] Ibidem. Per alcuni risvolti o intuizioni positive presenti nell’analisi gouldiana cfr. P.H. Kelley, Stephen Jay Gould’s Winnowing Fork, cit., pp. 177-180.
[21] R.N. McCauley, Why Religion Is Natural and Science Is Not, cit., p. 245.
[22] Ibidem.
[23] Ivi, p. 246.
[24] Ivi, p. 9 e 230.
Gould, Stephen Jay (1998). Non-Overlapping Magisteria. Leonardo's Mountain of Clams and the Diet of Worms, 269-284 DOI: 10.4159/harvard.9780674063365.c14
Post dedicato ad un tema fondamentale, e complicato... La descrizione oggettiva di un oggetto-fenomeno naturale oggi sembra del tutto scontata e necessaria, a prescindere dalle posizioni religiose (o non religiose), e invece... Nel corso dei secoli le forme di cultura naturalistica dominate, ad esempio, da simbologia e contenuti morali non sono certo mancante (penso, ad esempio, ai celebri bestiari medievali) e continuano a non mancare (quasi ogni libreria presenta una sezione pseudoscientifica, in veste religiosa).
RispondiEliminaOttima osservazione, Fabio. Spero di poter postare presto un paio di recensioni che (cor)rispondono bene all'interessante tema sollevato.
Elimina"[N]onostante i possibili equivoci in merito al titolo dell’opera, non si tratta di un testo apologetico scritto per difendere la religione e per attaccare la scienza".
RispondiEliminaForse l'equivoco nasce nella mente di un non-naturalista, ma da naturalista - consapevole di cosa sia "naturale" - ho colto appieno il significato del titolo. La religione è naturale, troppo naturale.