(c) 2009, The Geological Society, London |
Dopo Myth and Geology presentiamo oggi un secondo, corposo volume pubblicato per i tipi della Geological Society nel 2009 e intitolato Geology and Religion: A History of Harmony and Hostility. Curato da Martina Kölbl-Ebert (Jura-Museum, Eichstätt), il testo ha una natura storiografica e biobibliografica, e verte in sostanza sul versante teologico e occidentale del rapporto religioso con la geologia e con il tempo profondo [1]. In particolare, il suo nodo focale è costituito dal confronto storiografico tra vari modelli che facevano riferimento al diluvio biblico (e lo fanno tuttora in campo creazionista) per spiegare tutti i fenomeni geologici, compresa la conservazione dei fossili di animali estinti e la datazione assoluta dell’età del pianeta, e l’accumulo di evidenze geologiche in senso contrario. Di conseguenza, la maggior parte dei contributi porta all’attenzione l’opera di studiosi o istituzioni in due direzioni opposte: lo sforzo per trovare un accordo tra fede religiosa e prove geologiche o l’esigenza di creare una disciplina completamente autonoma rispetto alle imposizioni dogmatiche. Data la quantità davvero eccezionale del materiale presentato, la ricchezza dei punti di vista presentati e della documentazione discussa, ci limiteremo a fornire una sommaria descrizione dei contenuti più strettamente legati ad argomenti biobibliografici paleontologici, rilevando dopo il breve elenco alcuni spunti ulteriori per lo studio dell’argomento.
G. Godard esamina il processo scientifico e comparativo che portò lo studioso provenzale Nicolas-Claude Fabri de Peiresc (1580-1637) a rifiutare l’interpretazione agostiniana, presente nel De civitate dei, dei resti fossili di proboscidati (spesso molari) come testimonianza dell’esistenza dei giganti citati nella Bibbia. Non si trattava di un’interpretazione nuova ma Peiresc, che era al corrente del processo di Galilei in Roma (con il quale era in corrispondenza), tenne per sé le sue conclusioni, pubblicate postume.
F. Luzzini tratta dell’interpretazione geologica dei fossili di Antonio Vallisneri (1661-1730), esposta nel suo De’ corpi marini (1721). Vallisneri spiegò la presenza dei fossili negli strati geologici delle regioni montane come risultato di molteplici sequenze di alluvioni ed emersioni, limitando l’intervento divino al singolo diluvio presentato nella Bibbia. Conscio di ciò, attuò un sistema di autocensura onde evitare problemi con l’autorità religiosa.
A. Candela spiega la situazione dello studio del vulcanismo in relazione all’orogenesi alpina e alla formazione delle rocce basaltiche (rocce effusive di origine vulcanica) nell’Italia della seconda metà del XVIII secolo. Il clima intellettuale mutò verso la fine del secolo, quando la diffusione di teorie diluvianiste ristabilì, con l’appoggio ecclesiastico, l’idea di un unico, grande diluvio coincidente con quello biblico.
M.J.S. Rudwick approfondisce il tema della dissociazione tra diluvio biblico e diluvio (o catastrofe) geologico nel corso del XIX secolo, soprattutto in relazione alle spiegazioni avanzate per chiarire le prove delle varie fasi della glaciazione pleistocenica e la presenza dei massi erratici in Europa.
P. Taquet illustra le vicende biobibliografiche di Georges Cuvier (1769-1832), tra i maggiori naturalisti dell’epoca e uno dei padri fondatori della moderna disciplina paleontologica. La sua educazione luterana (era nato a Montbéliard, all’epoca sito nel ducato di Württemberg), associata alla sua teoria del catastrofismo nella storia del pianeta (secondo la quale la Terra sarebbe stata scossa da brevi e intesi episodi catastrofici causa, tra le altre cose, delle estinzioni di forme animali note nella documentazione fossile e oggi estinte), permisero alla cultura generale dell’epoca di farne un rappresentante, per quanto sui generis, del diluvianismo biblico. L’analisi della corrispondenza inedita con Henry de la Fite, il traduttore inglese del geologo e meteorologo svizzero Jean-André de Luc (1727-1817), rivela invece che Cuvier prestò attenzione a non farsi coinvolgere nelle dispute religiose dell’epoca ed evitò scrupolosamente di esporsi più di quanto non fosse sostenibile sulla base dei documenti geologici e paleontologici noti.
M.B. Roberts analizza l’attività geologica di Adam Sedgwick (1785-1873), uno dei fondatori inglesi della disciplina (divenne professore a Cambridge, dove poté annoverare tra i discenti il giovane Darwin) e canonico anglicano della cattedrale di Norwich, attraverso l’analisi della sua corrispondenza.
G.K. Viohl racconta la vita di Franz X. Mayr (1887-1974), sacerdote cattolico e professore di storia naturale presso l’Università cattolica di Eichstätt. F. Mayr, ricordato in paleontologia soprattutto per l’acquisizione dello scheletro attribuito ad Archaeopteryx litographica, a favore del Jura-Museum di Eichstätt (reperto noto nella letteratura scientifica come JM 2257) [2], era un creazionista sui generis, per cui Dio sarebbe intervenuto nell’evoluzione almeno due volte: nella genesi della vita e nello sviluppo del genere umano.
S. Turner studia la vita del barone Friedrich von Hoyningen, meglio conosciuto come F. von Heune (1875-1969), tra i maggiori paleontologi del Novecento impegnati nel campo dei dinosauri, e uno dei più prolifici descrittori di reperti fossili avente all’attivo viaggi di studio in varie parti del mondo. Come accennò il paleontologo Edwin H. Colbert (1905-2001) in una sua nota opera storiografica, «in tutta la sua lunga vita von Heune fu fedele a un prepotente e sincero credo religioso, che permeava il suo modo di vedere il mondo, presente e futuro» [3]; a questo aspetto è dedicato il contributo di Turner, che mette in evidenza, per la prima volta, le pubblicazioni teologiche del paleontologo, l’eterodossia scientifica (non riusciva a concepire l’evoluzione biologica senza un continuo intervento divino: come segnala Turner, «lo studio della filogenetica era [per von Heune] lo studio del piano della creazione di Dio») [4], il disaccordo con il potere politico nella Germania nazista e, soprattutto, i contatti epistolari con Heber A. Longman, naturalista australiano.
H.S. Torrens narra delle vicende patite da James Buckman (1814-1884), che fu naturalista, geologo e botanico. In contatto epistolare con Darwin (il quale lo citò nella prima edizione dell’Origine delle specie), promosse una serie di esperimenti botanici volti ad indagare i presupposti biologici della selezione artificiale nelle piante attraverso incroci. La distruzione del suo orto botanico ad opera della direzione anglicana del Royal Agricultural College di Cirencester nel 1862 testimonia vividamente il conflitto tra i detentori religiosi della cultura professionale e l’emergere di una nuova professionalità scientifica e laica.
R.A. Peters passa in rassegna i vari creazionismi esistenti, e propone di includerli sotto l’etichetta di teodicea creazionista (theodicic creationism) perché, secondo l’autore, tutte le varie branche che compongono il vasto movimento cristiano legato al fondamentalismo letterale tenterebbero di riscrivere la storia naturale allo scopo di assolvere Dio dall’accusa (prettamente teologica) di aver creato un mondo carico di estinzioni, dolore o morte [5].
Come il precedente volume recensito, si tratta di un volume molto ben curato, essenziale per comprendere le complesse relazioni storiografiche tra religioni e storia naturale, e di prima importanza per affrontare in modo compiuto l’argomento. Purtroppo, la grande assente è proprio l’idea dell’evoluzione darwiniana, e pochissimo spazio è sostanzialmente riservato ai protagonisti di quella che Ernst Mayr ha definito come “prima rivoluzione darwiniana” i quali, lungi dal rappresentare un gruppo coeso, si differenziavano concettualmente in modo abbastanza marcato (anche per quanto riguarda il ruolo da affidare al quadro geologico e ad un ipotetico creatore) [6]. Considerato il tema trattato, un altro caso di sicuro interesse storiografico sarebbe stato senz’altro la figura del reverendo Edward Hitchcock (1793-1864), professore di teologia naturale e di geologia presso l’Amherst College (Massachussetts), ritenuto uno dei pionieri della paleoicnologia dei dinosauri [7].
[Estratto e modificato dall'art. dell'autore intitolato Tempi profondi. Geomitologia, storia della natura e studio della religione, in SMSR 79 (1/2013) 152-214]
[1] La stessa storia dell’editore è significativa per la comprensione della storia della geologia moderna tout court: la Geological Society di Londra, fondata nel 1807, è difatti la più antica istituzione al mondo dedicata allo studio scientifico della geologia (cfr. G.L. Herries Davies, Whatever Is under the Earth: The Geological Society of London, 1807 to 2007, Geological Society, London 2007). Non è questo invece il luogo ove ricordare la sterminata bibliografia specialistica sul complesso rapporto tra teologia cristiana e geologia in epoca moderna. Il lettore interessato troverà in Geology and Religion materiale e bibliografie sufficienti.
[2] F.X. Mayr, Ein neuer Archaeopteryx-Fund, in «Paläontologische Zeitschrift» 47 (1973), pp. 17-24; P. Wellnhofer, Das fünfte Skelettexemplar von Archaeopteryx, in «Palaeontographica» A147, 4-6 (1974), pp. 169-216.
[3] E.H. Colbert, Cacciatori di dinosauri, trad. di S. Nosotti, Einaudi, Torino 1993, p. 111 (ed. or. Men and Dinosaurs: The Search in Field and Laboratory, E.P. Dutton & Co., New York 19681; The Great Dinosaur Hunters and Their Discoveries, Dover, New York 19842).
[4] S. Turner, Reverent and Exemplary: ‘Dinosaur Man’ Friedrich von Huene (187-1969), in Kölbl-Ebert (ed.), Geology and Religion, cit., pp. 223-243: 232.
[5] Rimanendo nell’ambito culturale cristiano, notiamo brevemente che la teodicea dei disastri naturali (intesi come punizione divina) svolge ancora un ruolo peculiare nella comprensione e nella giustificazione degli stessi (come dimostrato anche da recenti e offensivi fatti di cronaca); per una prospettiva storiografica cfr. ad es. D.K. Chester - A.M. Duncan, Responding to Disasters Within the Christian Tradition, With Reference to Volcanic Eruptions and Earthquakes, in «Religion» 40,2 (April 2010), pp. 85-95 (il num. cit. della rivista è interamente dedicato al rapporto tra disastri naturali e religioni; cfr. J.C. Gaillard - P. Texier, Religions, Natural Hazards, and Disasters: An Introduction, in ibi, pp. 81-84). Per le ricadute potenzialmente negative di tale opinione in campo politico-sociale cfr. T. Pievani, La fine del mondo. Guida per apocalittici perplessi, il Mulino, Bologna 2012, in part. pp. 49-50.
[6] E. Mayr, Un lungo ragionamento. Genesi e sviluppo del pensiero darwiniano, Bollati Boringhieri, Torino 1994, pp. 24-38 (ed. or. One Long Argument: Charles Darwin and the Genesis of Modern Evolutionary Thought, Harvard University Press, Cambridge, MA - London 1991).
[7] Sulla figura di Hitchcock cfr. R.T. Steinbock, Ichnology of the Connecticut Valley: A Vignette of American Science in the Early Nineteenth Century, in D.D. Gillette - M.G. Lockley (eds.), Dinosaur Tracks and Traces, Cambridge University Press, Cambridge - New York 1989, pp. 27-32; R.T. Bakker, Dinosaurs Acting Like Birds, and Vice Versa – An Homage to the Reverend Edward Hitchcock, First Director of the Massachusetts Geological Survey, in P.J. Currie et al. (eds.), Feathered Dragons: Studies on the Transition from Dinosaurs to Birds, Indiana University Press, Bloomington 2004, pp. 1-11; J.D. Archibald, Edward Hitchcock’s Pre-Darwinian (1840) “Tree of Life”, in «Journal of the History of Biology» 42 (2009), pp. 561-592.
Artt. citt. e indicizzati in Research Blogging:
Salve Leo. Cosa pensa riguardo all "Archeomitologia" della Gimbutas e al libro di Burkert "La creazione del sacro" ?
RispondiEliminap.s da qualche parte nel suo vecchio blog c'era un intervento che incrociava Gould e Culianu, era molto interessante.
Per quanto riguarda le tesi di Gimbutas sottolineo che la sua ricostruzione è un wishful thinking mediato da apriorisimi epistemologici e metodologici e mi limiterei a citare Eva Cantarella: «Ma la storia non è fatta di desideri. È scritta su documenti, su prove, o quantomeno su indizi, molti e concomitanti. Che nella fattispecie, purtroppo, sembrano insufficienti».
EliminaBurkert, invece, è stato uno dei primi classicisti a occuparsi seriamente del background biologico-evolutivo per spiegare la cultura del taxon H. sapiens. Purtroppo, la funzionalità della religione nell’ottica burkertiana sposa un atteggiamento rigorosamente sociobiologico che sottolinea sempre e comunque le funzionalità socio-politiche e folkloriche della religione, quasi sempre positivamente adattative, in una chiave deterministica genetico-biologica. È un punto di vista che si scontra con la realtà di molti comportamenti chiaramente non adattativi o francamente controproducenti da un punto di vista biologico.
L’analisi di Burkert non va però giudicata malamente poiché, in quel preciso contesto storico-culturale, l’analisi del filologo ha rappresentato per le discipline impegnate nello studio scientifico della religione un decisivo passo in avanti, forzando la storia a pensare biologicamente in modo più razionale di quanto non si facesse in passato (si pensi ad esempio ai vari tentativi di sintesi avviati invano per giustificare scientificamente la psicoanalisi).
Per quanto riguarda invece l'ultima questione, ci sarà modo di affrontare la questione dell'evoluzione culturale in un prossimo post.
complicato!
RispondiEliminaGià!
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