Meccanismo di un orologio cronografo di fine '800. L'analogia dell'orologiaio è un luogo comune, ereditato dalla teologia naturale, per descrivere l'esistenza di un progetto intelligente (ortogenetico e/o teleologico) dietro l'evoluzione. Immagine da «Nature», 22 Sep. 1887, p. 485; modificata da un file disponibile su Wikipedia. |
La volta scorsa abbiamo detto dell'errore che nasce quando si evoca l'equazione tra "evoluzione e "progresso", mentre prima ancora ci eravamo soffermati sull'influenza negativa di Croce sulla cultura scientifica italiana del primo Novecento.
Al quadro aggiungiamo ora la generale (con)fusione tra le lodevoli posizioni antifasciste e antirazziali, condivise da Croce, e la subordinazione dello studio delle scienze naturali ad un indirizzo filosofico e/o teologico. Si tratta di un punto basilare, sfruttato negli ambienti creazionisti. Semplificando un complicato intreccio di temi storiografico-ideologici, l'argomento cardine viene articolato come segue. Poiché il concetto di evoluzione è ortogenetico e implicitamente razziale, dalla religione (in genere abramitica) viene escluso il razzismo perché tutti gli uomini sono uguali di fronte a Dio. Dal mondo corrotto del darwinismo proverrebbero invece le genealogie culturali dell'esecranda politica razzista novecentesca [1]. Si tratta di un argomento ridicolo, che decontestualizza totalmente l'avversario che si vuole delegittimare e lo confonde con il suo contrario in campo sociale (la lotta spenceriana del più forte più il panselezionismo haeckeliano). A partire da queste false premesse è logico confondere il modello scientifico di Darwin con il male della discriminazione razziale o di chissà quali altri turpitudini. Senonché tali presunte genealogie nulla possiedono di darwiniano, passano semplicisticamente sotto silenzio il groviglio dei motivi ideologici e religiosi che hanno troppo spesso alimentato i genocidi, la cancellazione e la distruzione di quell'altro individuo portatore di una cultura differente, e rivelano solamente le discutibili agende politiche che le animano. Troppo spesso ci si dimentica che il rifiuto darwiniano dell’idea di un progresso assoluto e l’affermazione del ruolo dei processi stocastici (ossia casuali) rappresentarono una sfida nei confronti di un canone grosso modo omogeneo di filosofie teologiche e secolari che si rafforzavano a vicenda e che in alcuni casi erano antiche quanto l'intera tradizione culturale occidentale. Inoltre, come ha sostenuto Roger Griffin, è fondamentale «l’idea elementare che “la nascita del fascismo” non [possa] essere espressa esclusivamente nei termini di una storia delle idee [biologico-evoluzioniste. NdA]: i movimenti e gli eventi nascono dall’unione di forze ideologiche con condizioni strutturali o “materiali”» [2]. In fin dei conti, si tratta di un’operazione ideologica e riduzionista perché si limita a sovrapporre macchiettisticamente al darwinismo il concetto di progresso ortogeneticamente orientato al "meglio" (ossia, l'uomo) e a ridurre il vasto dibattito scientifico interno ad alcune correnti che, se corrisponde bene alla costruzione identitaria dell'altro da sé in quanto "nemico" (semplificandolo e delegittimandolo), non è sostenibile in sede storiografica e documentaria. Merita una menzione l’icastico giudizio di Telmo Pievani: «la letteratura trash che cerca, ai limiti della decenza, di infangare la teoria dell’evoluzione associandola alla più cupa chirurgia sperimentale nazista e alla più cupa alienazione umana […], cade in realtà nello stesso errore del darwinismo sociale che condanna: sovrapporre presunte implicazioni morali, sociali e politiche di una teoria scientifica alla sua validità nel merito» [3]. Un panorama esauriente della critica religiosa secondo la quale l’evoluzionismo porterebbe alle più grandi sciagure morali dell’umanità (dal darwinismo sociale all’eugenetica alle politiche razziali) è stato di recente offerto e - soprattutto - completamente smantellato da Steve Stewart-Williams [4]. In ultima istanza, come ha proposto R.A. Peters, le teologie creazioniste si inscriverebbero sotto l’etichetta di «teodicea naturale» perché, secondo l’autore, tutte le varie branche che compongono il vasto movimento cristiano tenterebbero di riscrivere la storia naturale allo scopo di assolvere Dio dall’accusa di aver creato un mondo carico di estinzioni naturali, dolore o morte [5]. I problemi sorgono quando, come nei vari creazionismi letterali o improntati all’Intelligent Design, si vogliono oltrepassare i limiti disciplinari di un ragionamento teologico, legittimo nell'ambito della fede personale, per monopolizzare e indirizzare in chiave politico-sociale l’intero discorso scientifico ed evoluzionistico.
Schema di un confronto/scontro
Vale veramente la pena di rispondere a chi non conosce l'ambito scientifico che critica? D'altra parte anche Croce sembrava fondere in un unicum un certo pensiero evoluzionistico ortogenetico in voga all'epoca con un'idea assoluta di progresso discriminante e in fin dei conti moralmente disumana. Di fatto, dalla constatazione dell'inefficacia euristica dell'ortogenesi come ipotesi scientificamente sostenibile consegue anche il venir meno di qualunque considerazione crociana (ammesso, e non concesso, che l'opinione del filosofo di Pescasseroli possa avere un qualche valore scientifico). Fatto ancora più notevole, gli attacchi più virulenti rivolti contro la biologia evoluzionistica provengono spesso da ferventi credenti (molti recenti testi divulgativi si sono già occupati di questi temi [6]). In una splendida lettera congiunta che S.J. Gould e Richard Dawkins avrebbero dovuto inviare alla New York Review of Books (ma redatta solo da Dawkins; Gould era già gravemente malato) viene affermato che riconoscere una sfida storiografica o scientifica nelle rivendicazioni creazioniste significa riconoscere implicitamente che l'interlocutore sia portatore di una tesi valida da dibattere: «questo darà agli spettatori inconsapevoli l'idea che vi siano in ballo argomenti su cui davvero vale la pena di discutere e che in un certo qual modo i contendenti giochino ad armi pari» [7]. Così non è; per questo bisognerebbe evitare di fornire pubblicità gratuita che agli occhi del lettore possa inconsapevolmente presentare il punto di vista creazionista, nelle sue varie denominazioni, come avallato in modo esplicito dall’establishment accademico e scientifico. Ovvero, come una prospettiva che propone modelli validi e alternativi alla visione normativa in voga nell’accademia. Detto ciò, deve invece continuare la discussione in sede storiografico-critica delle accuse morali, siano esse creazioniste o più generalmente ideologiche. Ignorare significa abbassare la guardia. Solamente pochissimi anni fa si è assistito al tentativo di eliminare l'insegnamento dell'evoluzione dai banchi di scuola per imposizione ministeriale [8]. Mai dare per scontate le proprie conquiste culturali.
Prima di abbandonare il campo è necessario perciò smontare le critiche a Darwin e metterne in luce il rimosso, ossia le componenti extra-metafisiche.
continua...
[1] Quest'ultimo punto è stato affrontato in numerosi contributi di Stephen Jay Gould; ci limitiamo a segnalare il magistrale The Most Unkidest Cut of All in Dinosaur in a Haystack, Harmony Books, New York 1995, pp. 309-319 (
[2] R. Griffin, recensione di Haeckel’s Monism and the Birth of Fascist Ideology. By Daniel Gasman, in «English Historical Review», 116, 467, 2001, pp. 683-685; p. 685. Cit. in Matthew Day, A Spectre Haunts Evolution: Haeckel, Heidegger, and the All-Too-Human History of Biology, in «Perspectives in Biology and Medicine», 53, 2, Spring 2010, pp. 289-303; p. 298.
[3] T. Pievani, Creazione senza Dio, Einaudi, Torino 2008, p. 95.
[4] Steve Stewart-Williams, Il senso della vita senza Dio. Prendere Darwin sul serio, edizione italiana a cura di Maurizio Mori, Espress edizioni, Torino 2011, cap. 12, Ricostruire la morale, pp. 269-309 (ed. or. Darwin, God and the Meaning of Life: How Evolutionary Theory Undermines Everything You Thought You Knew, Cambridge University Press, Cambridge 2010).
[5] R.A. Peters, Theodicic Creationism: Its Membership and Motivations, in Martina Kölbl-Ebert (ed.), Geology and Religion: a History of Harmony and Hostility, The Geological Society, London 2009, pp. 317-328.
[4] Steve Stewart-Williams, Il senso della vita senza Dio. Prendere Darwin sul serio, edizione italiana a cura di Maurizio Mori, Espress edizioni, Torino 2011, cap. 12, Ricostruire la morale, pp. 269-309 (ed. or. Darwin, God and the Meaning of Life: How Evolutionary Theory Undermines Everything You Thought You Knew, Cambridge University Press, Cambridge 2010).
[5] R.A. Peters, Theodicic Creationism: Its Membership and Motivations, in Martina Kölbl-Ebert (ed.), Geology and Religion: a History of Harmony and Hostility, The Geological Society, London 2009, pp. 317-328.
[6] Ad es., per restare in ambito italiano, Michele Luzzatto, Preghiera darwiniana, Raffaello Cortina Editore, Milano 2009; in part. pp. 48-49. Si rimanda inoltre a Michael Ruse, Myth 23: That “Intelligent Design” Represents a Scientific Challenge to Evolution, in R.L. Numbers (ed.), Galileo Goes to Jail and Other Myths about Science and Religion, Harvard University Press, Cambridge-London 2009, pp. 206-214 e Ronald L. Numbers, The Creationists: From Scientific Creationism to Intelligent Design. Expanded Edition, Harvard University Press, Cambridge-London 2006 (1a ed. 1992), in part il cap. 17, Intelligent Design, pp. 373-398, e il cap. 18, Creationism Goes Global, pp. 399-431.
[7] R. Dawkins, Il cappellano del diavolo, Raffaello Cortina editore, Milano 2004, p. 298 (A Devil's Chaplain: Reflections on Hope, Lies, Science, and Love, Houghton Mifflin Harcourt, Boston 203). Il testo è stato richiamato di recente anche in Telmo Pievani, Perché non rispondiamo alle provocazioni, pubblicato su Pikaia.eu. Il portale dell'evoluzione, in data 28 dic. 2011.
[8] Cfr. T. Pievani, In difesa di Darwin, Bompiani, Milano 2007; id., Creazione senza Dio, Einaudi, Torino 2008.
Mi permetto una valutazione apparentemente radicale.
RispondiEliminaAmmettiamo che effettivamente i mali del mondo abbiano una radice darwiniana: razzismo, fascismi, genocidi ed altro. Ammettiamo che tutti i darwinisti siano criminali, fuorilegge, ladri e stupratori. E ammettiamo che ogni loro azione criminale sia guidata dal darwinismo. Ciò inficierebbe il darwinismo? Una teoria è giusta o sbagliata a seconda che chi la segue è moralmente nel torto? C'è un assurdo tentativo di screditare sul piano etico ciò che non può essere attaccato sul piano empirico. Esempio personale: Mi ricorda certi commentatori del mio blog che non potendo contestare le mie argomentazioni replicano accusandomi di arroganza. Forse che essere arroganti rende meno valide le proprie argomentazioni? La malvagità delle azioni rende false le teorie? Ovviamente, no. Sono solo tentativi meramente retorici di screditare qualcosa che non si risce a battere sul piano in cui è nato, ovvero la scienza.
Comprendo il tuo punto di vista. E' solo disturbante l'asprezza ("radicale") degli esempi ipotetici proposti a mo' di boutade.
EliminaRiporto per completezza la sezione di Pievani da "Creazione senza Dio", dalla quale ho cit. nel post: "Le convinzioni personali di Darwin sono interessanti sul piano storico, ma ciò che conta è l'opportunità scientifica irreversibile che ci ha lasciato, la laicizzazione del mondo vivente. Maturità vuole che se una teoria scientifica ha conseguenze filosofiche (peraltro arbitrarie) che non ci piacciono non per questo smette di essere valida. La letteratura trash che cerca, ai limiti della decenza, di infangare la teoria dell'evoluzione associandola alla chirurgia sperimentale nazista e alla più cupa alienazione umana, basti citare in Italia l'infelice "Processo alla scimmia" di un Giulio Meotti, cade in realtà nello stesso errore del darwinismo sociale che condanna: sovrapporre presunte implicazioni morali, sociali e politiche di una teoria scientifica alla sua validità nel merito".
Penso che questo pensiero (cor)risponda al tuo commento.
P.S. So che un commento on line è estemporaneo, provvisorio e rimane spesso, a causa della brevità imposta, in superficie. Ad ogni modo sono curioso: il tuo esempio lascia trasparire una contiguità dell'espressione comportamentale con il genotipo. Sociobiologia??
Solo ora vedo il tuo commento e relativa domanda finale.
EliminaRispondo negativamente. L'espressione comportamentale è un epifenomeno rispetto alla scala del genotipo, un epifenomeno altamente non-lineare. Non sono un sostenitore della sociobiologia radicale (nei limiti dei miei studi nel campo), e sicuramente non ritengo valide le applicazioni sociobiologiche ad Homo sapiens. Il mio esempio volutamente radicale (alla Cau) partiva proprio come retorico, nel senso che intendeva dire "ammettiamo che sia valido che, sebbene sappiamo che non è così che, ...".
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiElimina