Come ha scritto Paolo Rossi (1923-2012), «La natura stessa ha una storia e le “conchiglie” sono alcuni fra i documenti di questa storia» [1]. Immagine: Becks, da Wikipedia. |
«Sebbene afflitta durante tutta la sua carriera da reumatismo cardiaco, Helen [Duncan] intraprese un'esplorazione sulle [Montagne] Rocciose e nel Bacino Grande, e avendo trovato (quando si sedette per fare una pausa che era per lei assolutamente indispensabile) dei fossili diagnostici in una formazione fino ad allora considerata priva di fossili, dimostrò senza alcun dubbio quanto folle sia mettere fretta a un paleontologo» [2].
Il caso appena ricordato della geologa Helen Duncan (1910-1971) è stato recuperato nel 2009 da Pieranna Garavaso per introdurre i problemi di genere implicitamente o esplicitamente causati dalla limitata partecipazione femminile alle ricerca scientifica del Novecento. Duncan, ad esempio, era riuscita a «fare scoperte là dove altri non hanno visto nulla» [3]. In quale modo? Individuando un pattern scientificamente rilevante là dove gli altri studiosi non avevano rilevato nulla, ribaltando (faticosamente, dato il ritmo del fieldwork) la marginalità epistemica cui glass ceiling e androcentrismo avevano relegato le studiose. Senza entrare nel merito delle argomentazioni offerte da Garavaso, il quadro generale illumina, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto sia stato dannoso e limitante per la conoscenza scientifica, nonché per le carriere individuali e per la società intera, l'esclusivo sistema di controllo accademico-epistemologico modellato dalla competizione maschile (escludendo la partecipazione femminile) e limitato dalla scarsa propensione all'interdisciplinarità. Un esempio forse ancora più significativo viene fornito dalla storia della disciplina nota come geomitologia, ossia lo studio delle conoscenze geologiche presenti nelle tradizioni orali, classiche e folkloriche.
Ora, per rispondere alla domanda che assolve alla funzione di titolo del post è necessario innanzitutto sgombrare il campo dagli equivoci: "che cosa non è la geomitologia" diventa il primo argomento da chiarire. Questa disciplina, infatti, non deve essere confusa con l’uso indipendente e prettamente geografico di questa etichetta per indicare contenuti mitici storicamente falsi o scientificamente falsificati ossia, nelle parole dello scrittore e studioso di letteratura fantastica Lyon Sprague de Camp (1907-2000),
«[…] le deliberate millanterie e menzogne degli eroi al ritorno dai viaggi d’esplorazione, le leggende orripilanti diffuse allo scopo di aumentare il valore delle mercanzie, le difficoltà di descrizione e traduzione, tutto ciò contribuì, nel corso dei secoli, a dare vita a una serie di mondi semi-mitici, situati nelle terre incognite che s’estendevano al di là dell’orizzonte, in una fascia che circondava il mondo conosciuto» [4].
La branca disciplinare che qui ci interessa viene invece anticipata in modo discontinuo da alcune felici intuizioni già tra fine Ottocento e primo Novecento [5], ma nasce ufficialmente solo alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Tornata in auge in tempi recenti, la geomitologia sta vivendo oggi il periodo di sua massima affermazione interdisciplinare. Un riepilogo da un punto di vista biobibliografico può forse contribuire a chiarire ambiti di indagine e prodotti della ricerca geomitologica.
Due personalità sono fondamentali nella storia della disciplina. La più importante è senza dubbio la geologa Dorothy Vitaliano (1916-2008), che rende pubblica la sua idea per la nuova disciplina durante un convegno di geologia tenuto presso la Indiana University l’otto maggio del 1967 (il testo viene pubblicato in forma riveduta l’anno successivo). Il termine indica l’applicazione in campo geologico dell’evemerismo allo scopo di identificare i reali eventi geologici alla base di determinati miti o leggende a prescindere dalla loro origine (sia essa moderna, folklorica, storico-mitologica, religiosa, ecc.) [6]. Nel 1973 Vitaliano pubblica il libro Legends of the Earth: Their Geologic Origins che sancisce la nascita ufficiale del nuovo indirizzo di studio. La geomitologia si inserisce quindi in una serie di materie prettamente interdisciplinari, tra cui geochimica, geofisica, geomorfologia, geoidrologia, geocronologia e geopolitica,
«coinvolge[ndo] geologia, storia, archeologia e folklore – in altre parole le scienze naturali, le scienze sociali e le discipline umanistiche. Perciò la geomitologia rappresenta senza dubbio la scienza della Terra maggiormente interdisciplinare tra tutte quelle elencate» [7].
Per una trentina d’anni il discorso accademico intorno alla geomitologia non registra contributi significativi, forse anche a causa del potenziale fraintendimento che si celerebbe nei temi trattati inizialmente dalla disciplina, considerati meramente letterari o addirittura esotericamente pseudoreligiosi, come l’identificazione di Atlantide nel Mar Egeo in connessione con un’eruzione vulcanica avvenuta a Santorini durante l’età del bronzo [8].
Il rilancio della disciplina avviene nel 2000 ad opera della classicista, foklorista e storica della scienza Adrienne Mayor (Stanford University) che con il suo The First Fossil Hunters: Paleontology in Greek and Roman Times corona un lavoro cominciato all’inizio degli anni Novanta. Rispetto all’originaria proposta di Vitaliano, maggiormente incentrata sugli eventi geologici e sui disastri naturali, il testo di Mayor sposta l’accento sui resti fossili e sulle dinamiche interpretative che hanno portato la cultura greco-romana e altre civiltà del mondo antico (figurano nel testo citato quella scitica e quella indiana) ad una comprensione del tempo profondo, all’interpretazione e ricostruzione dei resti fossili e ai processi geologici che hanno permesso la conservazione dei reperti [9]. Cinque anni più tardi Mayor dà alle stampe un volume volto allo studio dei sistemi di comprensione prescientifica della storia naturale nel mondo culturale nativo americano, e all’esame del ruolo e dell’uso dei fossili nelle cosmologie e nelle pratiche rituali delle religioni native del continente americano [10]. Nello stesso anno la studiosa sintetizza così l’ambito di studio della disciplina: la geomitologia è
«lo studio delle tradizioni orali eziologiche create dalle culture pre-scientifiche per spiegare – in metafore poetiche e attraverso il linguaggio immaginifico della mitologia – fenomeni geologici quali vulcani, terremoti, esondazioni, fossili e altre caratteristiche naturali dell’ambiente» [11].
Autrice di moltissimi articoli sull’argomento, Mayor ha dimostrato efficacemente come la figura mitologica del grifone fosse modellata sui resti fossili del dinosauro Protoceratops andrewsi, assai comuni nel territorio centro-asiatico [12], ha riproposto interpretazioni geomitologiche (ossia, basate sull’interpretazione di fossili) per i giganti dell’antichità classica e per le faune descritte nelle mitologie antiche [13], si è occupata del folklore religioso sorto intorno alle icnofaune fossili (le impronte fossili di animali estinti) [14], ha stilato repertori ed analisi delle informazioni codificate nella religione e nel folklore locale nella civiltà classica greco-romana [15], e ha esaminato la radicale cancellazione delle conoscenze geologiche e paleontologiche dei Nativi americani da parte dei coloni europei, in un’epoca durante la quale gli stessi europei mettevano in dubbio con maggiore frequenza le spiegazioni naturalistiche bibliche (e con altrettanta forza uguale e contraria tentavano di mantenere lo status quo della teologia naturale) [16]. Un altro aspetto che Mayor ha indagato è legato all’uso delle conoscenze prescientifiche a scopi mantici o bellici nel mondo antico e moderno [17], filone nel quale può trovare posto l’ultima ricerca su Mitridate Eupatore, intitolata Il re veleno, che rappresenta anche il suo debutto nel panorama editoriale italiano [18].
Nel 2011 la stessa Mayor ha fornito una eccellente disamina aggiornata della ricerca in campo geomitologico nel decennio 2000-2010, proponendo una rassegna ragionata nella prefazione della nuova edizione di The First Fossil Hunters [19]. Nel primo decennio del nuovo millennio vedono la luce molti interessanti studi che contribuiscono ad allargare la gamma di possibilità offerte dalla disciplina. Tra questi ci limitiamo a ricordare alcuni risultati particolarmente rilevanti. Andrea Baucon ha illuminato la nascita del pensiero occidentale moderno in merito al rapporto tra tempo profondo e fossili, occupandosi di Ulisse Aldrovandi e Leonardo da Vinci, precursori del pensiero paleontologico e acuti interpreti della nascente icnologia, ossia lo studio delle tracce fossili lasciate da organismi viventi o estinti [20]. Alexandra van der Geer e Michael Dermitzakis hanno delineato una sintetica storia dell’uso dei fossili nelle culture folkloriche e religiose a scopi medico-curativi (un tema che già Mayor aveva tracciato nel suo Fossil Legends of the First American); gli stessi autori, insieme a John de Vos, hanno dimostrato che le guerre epiche narrate nel poema indiano Mahâbhârata hanno probabilmente avuto origine dall'osservazione dei sedimenti plio-pleistocenici della catena montuosa sub-himalayana del Siwalik, ricchissimi di fossili di mammiferi e di manufatti umani provenienti da livelli più recenti [21]. Un gruppo di ricerca, che contava tra i membri Mayor, ha recentemente illustrato la storia dettagliata del folklore cinese, talvolta ancora vivo al giorno d’oggi, sorto intorno alle impronte fossili di dinosauri [22]. Ancora, un interessante volume italiano nel quale una leggenda medievale trentina relativa alla presenza di un basilisco viene legata alla probabile interpretazione folklorica locale delle impronte di dinosauri e arcosauri triassici [23]. Da ultimo, segnaliamo la recente e imponente "storia delle idee nell'icnologia" condotta un team internazionale, tra le cui file si annovera la presenza di Andrea Baucon e di Adrienne Mayor, pubblicata nel 2012 [24].
[1] Paolo Rossi, I segni del tempo. Storia della Terra e storia delle nazioni da Hooke a Vico, Feltrinelli, Milano 2003, p. 23 (1979 1a ed.).
[2] R.H. Fowler e J.M. Beardan, Memorial to Helen Duncan 1910-1971, GSA Memorials, 5 , 1977, cit. in M.W. Rossiter, Women Scientists in America: Before Affirmative Action 1940-1972, John Hopkins University Press, Baltimore 1995, p. 491 nota n. 36 (trad. da Pieranna Garavaso, Scienza, in Nicla Vassallo, Donna m'apparve, Codice edizioni, Torino 2009, pp. 117-130; p. 127)
[3] P. Garavaso, Scienza, cit., p. 127.
[4] Cfr. L. Sprague de Camp, Geomythology, in «Nature» 362, 6421 (15 April 1993), pp. 665-666, ove si fa riferimento a Id. - W. Ley, Le terre leggendarie, Bompiani, Milano 1962 (ed. or. Lands Beyond, Rinehart & Company, New York 1954), da cui la cit. (ivi, p. 7).[5] Cfr. ad es. B. Kendall Emerson, Geological Myths, in «Science» 4,89 (September, 11, 1896), pp. 328-344; E.M. Kindle, American Indian Fossil Discoveries of Vertebrate Fossils, in «Journal of Paleontology» 9,5 (1935), pp. 449-452. Per approfondimenti storiografici cfr. Mayor, The First Fossil Hunters: Paleontology in Greek and Roman Times, Princeton University Press, Princeton - Oxford 2000; Ead., Fossil Legends of the First Americans, Princeton University Press, Princeton - Oxford 2005.
[6] D. Vitaliano, Geomythology: The Impact of Geologic Events on History and Legend, With Special Reference To Atlantis, in «Journal of the Folklore Institute (Indiana University)» 5 (1968), pp. 5-30.
[7] Ead., Legends of the Earth: Their Geologic Origins, Indiana University Press,Bloomington - London, 1973, p. 3.
[8] C. Clendenon, Hydromythology and the Ancient Greek World: An Earth Science Perspective Emphasizing Karst Hydrology, Fineline Science Press, Lansing 2009, p. 7.
[9] Mayor, The First Fossil Hunters, cit.
[10] Ead., Fossil Legends of the First Americans, cit.
[11] Ead., Geomythology, in R.C. Selley - L.R.M. Cocks - I.R. Plimer (eds.), Encyclopedia of Geology, vol. III, Elsevier Academic Press, Oxford 2005, pp. 96-100: 96.
[12] Ead., Griffin Bones: Ancient Folklore and Paleontology, in «Cryptozoology» 10 (1991), pp. 16-41; Ead. - M. Heaney, Griffins and Arimaspeans, in «Folklore» 104, 1-2 (1993), pp. 40-66. Uno dei primi resoconti della proposta di Mayor nell’ambito storico-religioso e antropologico italiano è reperibile in C. Deaglio, Considerazioni su alcune raffigurazioni di animali presso antiche civiltà: realtà o fantasia?, in A. Bongioanni - E. Comba (eds.), Bestie o dei? L’animale nel simbolismo religioso, Ananke, Torino 1996, pp. 201-215.
[13] Cfr. ad es., oltre ai suoi due volumi dedicati all’argomento, A. Mayor, The ‘Monster of Troy’ Vase: The Earliest Artistic Record of a Vertebrate Fossil Discovery?, in «Oxford Journal of Archaeology» 19 (2000), pp. 57-63.
[14] A. Mayor. - W.A.S. Sarjeant, The Folklore of Footprints in Stone: From Classical Antiquity to Present, in «Ichnos» 8,2 (2001), pp. 143-163.
[15] A. Mayor, Bibliography of Classical Folklore Scholarship: Myths, Legends, and Popular Beliefs of Ancient Greece and Rome, in «Folklore» 111 (2000), pp. 123-183; Ead. - N. Solounias, Ancient References to the Fossils in the Land of Pythagoras, in «Earth Sciences History» 23,2 (2004), pp. 183-196.
[16] Ead., Suppression of Indigenous Fossil Knowledge: From Claverack, New York, 1705, to Agate Springs, Nebraska, 2005, in R.R. Proctor - L. Schiebinger (eds.), Agnotology: The Making and Unmaking of Ignorance, Stanford University Press, Stanford 2008, pp. 163-182.
[17] Ead., Mad Honey!, in «Archaeology» (November-December 1995), pp. 32-40; Ead., The Nessus Shirt in the New World: Smallpox Blankets in History and Legend, in «The Journal of American Folklore» 108, 427 (1995), pp. 54-77; M. Maskiell - A. Mayor, Killer Khilats, Part 1: Legends of Poisoned Robes of Honour in India, in «Folklore» 112 (2001), pp. 23-45; Eaed., Killer Khilats, Part 2: Imperial Collecting of Poison Dress Legends in India, in «Folklore» 112 (2001), pp. 163-182; Eaed., Early Modern Legends of Poison Khil’ats in India, in S. Gordon (ed.), Robes of Honour: Khil’at in Pre-Colonial and Colonial India, Oxford University Press, New Delhi-Oxford-New York 2003, pp. 95-124; A. Mayor, Ancient Warfare and Toxicology, in P. Wexler (ed.), Encyclopedia of Toxicology, Elsevier, Oxford, 20052, pp. 117-121; Ead., Greek Fire, Poison Arrows & Scorpion Bombs: Biological and Chemical Warfare in the Ancient World, Overlook Press, New York 2008 (2003, 1a ed.).
[18] Ead., Il re veleno. Vita e leggenda di Mitridate, acerrimo nemico di Roma, Einaudi, Torino 2010 (ed. or. The Poison King: The Life and Legend of Mithradates the Great, Rome’s Deadliest Enemy, Princeton University Press, Princeton-Oxford 2010).
[19] Ead., The First Fossil Hunters: Dinosaurs, Mammoths, and Myth in Greek and Roman Times. With a New Introduction by the Author, Princeton University Press, Princeton - Oxford 20112. Cfr. in part. Introduction to the 2011 Edition, pp. XIII-XXIII.
[20] A. Baucon, Italy, the Cradle of Ichnology: The Legacy of Aldrovandi and Leonardo, in «Studi Trentini di Scienze Naturali. Acta Geologica» 83 (2008), pp. 15-29; Id., Ulisse Aldrovandi (1522-1605): The Study of Trace Fossils During the Renaissance, in «Ichnos» 16 (2009), pp. 245-256; Id., Leonardo da Vinci, the Founding Father of Ichnology, in «Palaios» 25 (2010), pp. 361-367.
[21] A. van der Geer - M. Dermitzakis, Fossil Medicines From “Snake Eggs” to “Saint’s Bones”; An Overview, in «Calicut Medical Journal» 6,1 (2008), e8. A. van der Geer - M. Dermitzakis - J. De Vos. Fossil Folklore from India: The Siwalik Hills and the Mahâbhârata, in «Folklore» 119,1 (2008), pp. 71-92.
[22] L. Xing et al., The Folklore of Dinosaur Trackways in China: Impact on Paleontology, in «Ichnos» 18,4 (2011), pp. 213-220.
[23] M. Avanzini et al., Le orme dei dinosauri del Castello di San Gottardo a Mezzocorona con cenni alla storia del castello (Collana «La vicinia», 7), Comune di Mezzocorona - Museo Tridentino di Scienze Naturali, Mori 2010.
[24] A. Baucon et al., A History of Ideas in Ichnology, in Knaust, D. & R.G. Bromle (2012). Trace Fossils as Indicators of Sedimentary Environments, Elsevier, Amsterdam-London, pp. 3-43.
[Estratto e modificato dall'art. dell'autore intitolato Tempi profondi. Geomitologia, storia della natura e studio della religione, in SMSR 79 (1/2013) 152-214; ulteriormente modificato il 18 novembre 2014]
de Camp, L. Sprague (1993). Geomythology. Nature, 362 (6421), 665-666 DOI: 10.1038/362665a0 Vitaliano, Dorothy (1968). Geomythology: The Impact of Geologic Events on History and Legend, With Special Reference To Atlantis. Journal of the Folklore Institute (Indiana University) (5), 5-30 DOI: 10.2307/3813842 Mayor, Adrienne (2005). Geomythology. R.C. Selley - L.R.M. Cocks - I.R. Plimer (eds.), Encyclopedia of Geology. Oxford: Elsevier Academic Press, III, 96-100 DOI: 10.1016/B0-12-369396-9/00366-X Mayor, A.- Heaney, M. (1993). Griffins and Arimaspeans. Folklore, 104 (1-2), 40-66 DOI: 10.1080/0015587X.1993.9715853 Mayor, A. (2000). The ‘Monster of Troy’ Vase: The Earliest Artistic Record of a Vertbrate Fossil Discovery? Oxford Journal of Archaeology, 19 (1), 57-63 DOI: 10.1111/1468-0092.00099 Mayor, A. - Sarjeant, W.A.S. (2001). The folklore of footprints in stone: From classical antiquity to the present. Ichnos: An International Journal for Plant and Animal Traces, 8 (2) DOI: 10.1080/10420940109380182 Mayor, A. (2000). Bibliography of Classical Folklore Scholarship: Myths, Legends, and Popular Beliefs of Ancient Greece and Rome. Folklore, 111 (1), 123-138 DOI: 10.1080/001558700360924 Mayor, A. (1995). The Nessus Shirt in the New World: Smallpox Blankets in History and Legend. The Journal of American Folklore, 108 (427), 54-77 DOI: 10.2307/541734 Maskiell, M. - Mayor, A. (2001). Killer Khilats, Part 1: Legends of Poisoned "Robes of Honour" in India. Folklore, 112 (1), 23-45 DOI: 10.1080/00155870120037920 Maskiell, M. - Mayor, A. (2001). Killer Khilats, Part 2: Imperial Collecting of Poison Dress Legends in India. Folklore, 112 (2), 163-182 DOI: 10.1080/00155870120082218 Mayor, A. (2005). Ancient Warfare and Toxicology. Wexler, P. (ed.). Encyclopedia of Toxicology. Oxford: Elsevier, 117-121 DOI: 10.1016/B0-12-369400-0/10012-2 Baucon, A. (2009). Ulisse Aldrovandi (1522–1605): The Study of Trace Fossils During the Renaissance. Ichnos: An International Journal for Plant and Animal Traces, 16 (4), 245-256 DOI: 10.1080/10420940902953205 Baucon, A. (2010). Leonardo da Vinci, the Founding Father of Ichnology. Palaios, 25 (6), 361-367 DOI: 10.2110/palo.2009.p09-049r van der Geer, A. - Dermitzakis, M. - de Vos, J. (2008). Fossil Folklore from India: The Siwalik Hills and the Mahâbhârata. Folklore, 119 (1), 71-92 DOI: 10.1080/00155870701806225 Xing, L., et al. (2011). The Folklore of Dinosaur Trackways in China: Impact on Paleontology. Ichnos: An International Journal for Plant and Animal Traces, 18 (4), 213-220 DOI: 10.1080/10420940.2011.634038 Baucon, A., et al. (2012). A History of Ideas in Ichnology. Knaust, D. & R.G. Bromle. Trace Fossils as Indicators of Sedimentary Environments, Amsterdam-London: Elsevier, 3-43 DOI: 10.1016/B978-0-444-53813-0.00001-0 Emerson, B.K. (1896). Geological Myths. Science, 4 (89), 328-344 DOI: 10.1126/science.4.89.328
è possibile trovare una correlazione tra le mitologie e i fenomeni naturali, tra i personaggi mitologici e gli eventi storici e archeologici? Per me sì, a patto di cambiare il modo di affrontare il problema. Come regalo... natalizio vi affibbio questa videoconferenza con il sottoscritto Alberto Majrani e Guido Cossard. Per la cronaca, Giulio Giorello è il maggior filosofo della scienza italiana, e Cossard uno dei maggiori archeoastronomi, autore di diversi libri , l'ultimo dei quali assieme a Margherita Hack http://www.youtube.com/watch?v=jQfBOuNIqSQ La prima parte mostra la straordinaria coerenza del racconto omerico, mentre la seconda è dedicata alla geomitologia. Buon divertimento!
RispondiEliminaNon c'è traccia di geomitologia nel video linkato (a meno che non mi sbagli).
EliminaMi limito a segnalare due note: una tesi scientifica non si basa sul principio di autorità, come sembra trasparire dagli studiosi citt. nel commento prec., che a quanto mi risulta, e senza nulla togliere alle loro specifiche competenze, non sono storici della scienza. Inoltre, né loro né le loro idee in merito all'argomento sollevato figurano nel video linkato. Infine, le tesi derivate dal testo di Felice Vinci "Omero nel Baltico" o, peggio, da "The Arctic Home in the Vēdas" (1903), sono pseudostoria basata su apriorismi fideistici (nel secondo caso) o metodologici (nel primo caso), su semplicistiche assonanze linguistiche e sulla fallace certezza che "Iliade" e "Odissea" possano essere considerate un unicum dal p.d.v. storico risalente.